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La Battaglia di Szent Gotthard-Mogersdorf, 1 agosto 1664 - parte 3a

Gli Alleati

A parte le guerre per la supremazia divampate in Europa nella seconda metà del Seicento - come quelle intraprese dall’Impero Ottomano o quelle scatenate dalla Francia - la storiografia militare si è occupata molto raramente dei conflitti esplosi dopo la guerra dei Trent'anni. Molto superficialmente si è portati a credere che gli anni compresi fra la pace di Vestfalia e la guerra d’Ungheria del 1663-64 siano stati un periodo di relativa pace; invece, anche trascurando i conflitti coloniali in Asia e in Sud America, furono combattute in Europa 15 differenti guerre in appena 16 anni. Anche dal punto di vista del totale dei paesi coinvolti il dato non appare irrilevante: ben 20 diversi stati; con Inghilterra, Paesi Bassi, Svezia e Polonia belligeranti ciascuno per più di 8 anni e spesso in più di un conflitto contemporaneamente. Se poi ci fermiamo a osservare quanto è accaduto in termini di novità tecnologiche, sperimentazioni tattiche e quanto la stessa società Europea sia stata interessata da radicali processi di trasformazione economica, diventa impossibile non considerare questo periodo come uno dei più interessanti e complessi di tutta la storia degli equipaggiamenti militari.

La guerra in Ungheria fra l’imperatore e il sultano rappresenta una perfetta sintesi di tutto ciò: in questo conflitto non solo ci fu il confronto di due diverse culture, ma si realizzò uno scenario in cui tecnologia, sperimentazione e processi di produzione prefigurarono i successivi conflitti. Pure dal punto di vista politico quel confronto ci appare in tutta la sua singolarità; basterebbe infatti pensare che esso costituì nel XVII secolo l’unico caso in cui le truppe imperiali combatterono a fianco di quelle francesi e questo ben 92 anni prima che Francia e Austria sancissero il rovesciamento delle alleanza nella guerra dei Sette Anni. Nell’ambito della storia tedesca del XVII secolo la guerra contro gli ottomani innescò il lento processo di riavvicinamento fra l’imperatore e i principi riformati della Germania del nord, compromesso dalle sanguinose dispute della guerra del 1618-48.



L'esercito dell'Impero e la Lega Renana

Nel 1512 l’imperatore Massimiliano d’Asburgo sospese per i suoi vassalli l’antico obbligo feudale di formare i contingenti per la difesa comune dell’Impero e lo sostituì con una nuova regolamentazione. Alla base del nuovo dispositivo militare venne istituita la Reichsmatricel – la matricola Imperiale – cioè una quota di soldati che ciascun principe immediato doveva mantenere in assetto di guerra e associarlo assieme a quelli forniti dagli altri Stati. La suddivisione della matricola era stabilita all’interno dei circoli, i Kreis, comprendenti i territori che per attinenza geografica, legami dinastici e domini erano associati in compagini più o meno omogenee. I contingenti così raccolti formavano l’armata dell’Impero, la Reichsarmée, con una forza totale originale in Simplum che dopo la Pace di Vestfalia era stata stabilita in 12.406 fanti e 2.568 cavalieri. Questa forza poteva però aumentare in Duplum in caso di mobilitazione contro nemici esterni, e in Triplum qualora l’Impero fosse minacciato dai turchi. Prima di questa matricola la dieta dell’Impero aveva fissato nel 1645 un totale di 20.000 fanti e 4.000 cavalieri, che avrebbero permesso di mettere in campo in caso di massima mobilitazione 72.000 soldati, ma le limitazioni imposte dalla conferenza di Westfalia la ridussero sensibilmente e per molto tempo non fu possibile aumentarne la consistenza. Inoltre uno degli scopi principali della conferenza di pace era stato quello di evitare che con il riarmo si ripetessero le sciagure dalla lunga guerra appena conclusa, pertanto la mobilitazione della Reichsarmée doveva essere votata dalla dieta solo dopo che il conflitto fosse qualificato come Reichskrieg (guerra imperiale). Malgrado le limitazioni, nel 1663 la minaccia turca alle porte spinse la dieta di Regensburg a emettere una nuova matricola e a ordinare la mobilitazione. Ogni Kreis doveva contribuiva a formare il proprio contingente ripartendolo fra gli Stati che lo componevano a seconda della loro estensione e popolazione. La matricola prevedeva - in
Simplum - queste quote:

L’applicazione della matricola avrebbe quindi consentito la formazione di un’armata di 16.364 fanti e 4.739 cavalieri, ma - naturalmente - alla teoria non corrispondeva mai la pratica. A parte l’applicazione o meno della matricola in Triplum, prevista in questo caso, accadeva che per difficoltà interne, contrasti
politici e, soprattutto, per l’ingerenza delle potenze straniere – prime fra tutte la Svezia e la Francia – gli Stati si rifiutassero di inviare soldati. Fu questo il caso del circolo elettorale renano, la cui matricola risultò così bassa a seguito dell’esplicita dichiarazione dei maggiori rappresentanti di non voler aderire
alla mobilitazione. A partire dall’autunno del 1663 furono solo i circoli di Svevia e di Franconia – a maggioranza cattolica - a dimostrare la maggior sollecitudine nei preparativi di guerra e in autunno iniziarono a marciare alla volta dell’Ungheria i primi contingenti, che presero i quartieri d’inverno a
Pressburg e sulla Schutt, formati da truppe dalla Svevia, Franconia e Vestfalia A parte qualche caso isolato, in questi circoli non vi erano Stati  sufficientemente vasti da disporre di reparti permanenti e numerosi, pronti da essere mobilitati per una campagna di guerra. Tutto ciò produsse una serie di inconvenienti di non poco conto. Nei mesi successivi altre truppe giunsero dal Mecklenburg, Holstein-Gottorf, Hildesheim, Kurpfalz, Osnabrück e Paderborn, in rappresentanza dei circoli della Bassa Sassonia e di Vestfalia.  Se il mantenimento delle truppe in Ungheria fu risolto mediante l’accordo con il quale l’Imperatore si assumeva tutti gli oneri a carico delle truppe dei circoli, la preparazione dei reparti fu spesso  approssimativa e avvenne con grande lentezza. Alla formazione del contingente del circolo svevo, per esempio, dovevano concorrere qualcosa come 97 diversi Stati, comprendenti principi secolari, principi ecclesiastici e città libere; alcune compagnie erano composte da soldati messi a disposizione da 20 o anche da 30 diverse località. Di tale   frammentazione è possibile rendersi conto anche nei contingenti ritenuti più omogenei per la presenza di Stati più estesi, come quelli del circolo della Bassa Sassonia. Il reggimento di fanteria Ende era formato da nove compagnie di 100 uomini ciascuna: due reclutate dal vescovo e una dalla città di Magdeburgo; una ciascuno da Lubecca, Mecklenburg, Holstein, Sachsen-Lauenburg e Danimarca; l’ultima compagnia era il risultato dell’assemblaggio di soldati messi a disposizione dalle città imperiali di Goslar, Nordhausen eMühlhausen. Il reggimento di cavalleria Rauchhaupt, di 420 uomini, risultava composto da soldati dei ducati di Braunschweig Wolfenbütte, Celle e Hannover. 

Ritratto del conte Julius von Hohenlohe, comandante delle truppe dell’Impero dall’autunno del 1663 alla primavera del 1664.

 Alla vigilia della battaglia del 1° agosto i circoli avevano inviato in Ungheria quasi 7.600 uomini, compresi 200 artiglieri con 14 cannoni;. Una parte di queste truppe aveva ricevuto il battesimo del fuoco nel gennaio del 1664, quando agli ordini del conte Julius von Hohenlohe partecipò all’assedio di Pécs; poi dalla primavera del 1664 tutta la fanteria della Reichsarmée fu posta agli ordini del margravio Hermann di Baden-Baden. Difficilmente questi conringenti avrebbero operato con efficacia in campagna a causa della cronica deficienza di cavalleria che li affliggeva. Era infatti abitudine di rimpiazzare la quota di cavalleria sostituendo un cavaliere con tre fanti e difficilmente in quelle angustie si potevano far rispettare gli accordi.

Nell’estate del 1664 i circoli avevano inviato in Ungheria le seguenti forze:

L’intricata organizzazione interna dell’Impero era complicata anche da fattori politici e da interessi particolari. I principi della Germania del nord, compresi i tre principi-vescovi elettori: Treviri; Mainz; Colonia, per controbilanciare il peso politico di Vienna, avevano dato vita nel 1658 a una lega comprendente alcuni dei maggiori Stati dell’Impero, quali i ducati di Braunschweig, lo Hessen Kassel, Münster e Pfalz-Neuburg, e che prese il nome di Rheinbund (Lega Renana). Un anno dopo su iniziativa del cardinale Mazzarino aderì alla lega la Francia – come garante della pace di Westfalia – e successivamente anche il re Svezia, in qualità di sovrano delle marche imperiali di Verden e Brema – con il dichiarato intento di paralizzare, o quantomeno tenere in soggezione, gli Asburgo. Nessuno di questi Stati aveva aderito alla Reichsmatricel, bensì associò i propri soldati in un contingente che prese in nome di Deutsche Allianz. Per quanto diffidenti verso gli Asburgo, i membri della lega si resero conto che era preferibile ritrovarsi ai confini un debole imperatore austriaco, piuttosto che un potente sultano turco e pertanto unirono i loro soldati agli alleati in marcia verso la Raab. Fu soprattutto l’impressione suscitata dalle scorrerie dei tatari nel 1663 a spingere la coalizione a scendere in campo a fianco dell’imperatore. Nel marzo del 1664 un primo corpo di un migliaio di soldati di fanteria di Braunschweig-Lüneburg Celle, Hessen-Kassel e Treviri raggiunse l’Ungheria e da qui la Croazia, dove venne aggregato al contingente già agli ordini del luogotenente generale conte di Hohenlohe, partecipando congiuntamente alle forze del bano di Croazia Miklòs Zriniy e alle truppe dei circoli all’assedio di Szeged. Altri reparti raggiunsero il teatro di guerra nel corso della primavera, portando il totale delle forze messe a disposizione dalla Deutsche Allianz a poco meno di 8.000 uomini.

Anche i tre maggiori principi elettori secolari, Brandeburgo, Sassonia e Baviera, inviarono propri contingenti associandoli alla Reichsarmée, senza però formare un comando unificato. Il margravio Friedrich Wilhelm mise a disposizione 2.088 soldati di fanteria; dalla Baviera giunsero invece 1.250 fanti e cavalli e dalla Sassonia altri 1.174. Tutte queste truppe soffrirono molto il clima dell’Ungheria e furono decimate dalle malattie; la maggior parte fu ripartita nelle fortezze di confine e solo una piccola aliquota partecipò alla campagna del 1664. Le ultime truppe tedesche giunte in Ungheria si accamparono fra Komaron e la Schutt ed erano agli ordini dal conte Georg Friedrich von Waldeck, già comandante dell’esercito dell’Unione Evangelica prima della pace di Vestfalia, e provenivano in massima parte da Mainz, dalla Bassa Sassonia e da Münster; fra le truppe a cavallo figurava perfino uno squadrone svedese. La   composizione di queste unità appariva alquanto eterogenea; mentre la cavalleria era riunita sul campo in squadroni di forza diseguale, ma comunque omogenei per nazionalità, i  battaglioni di fanteria vennero assemblati riunendo le compagnie dei diversi contingenti; ad esempio il reggimento di fanteria del conte von der Leyen era composto principalmente da soldati di Münster, ma assieme a questi furono aggregate compagnie di Treviri e di Colonia.

Hessen Kassel: Musketier Gemeiner , 1660
Durante la guerra dei Trent’anni lo Hessen-Kassel aveva sostenuto a lungo la lotta contro la Lega Cattolica e al tempo  della pace di Vestfalia disponeva di un esercito di quasi 25.000 uomini: gli assiani vantavano perciò una tradizione militare di tutto rispetto. Il langravio inviò in Ungheria un proprio contingente di truppe che nel 1664 partecipò alle operazioni agli ordini del generale Hohenlohe. Il moschettiere qui illustrato è tratto da un dipinto conservato oggi a
Darmstadt, ma raffigurante un corteo svoltosi alla presenza del sovrano di Kassel. L’influenza svedese è evidente nella giacca di panno simile a quella svedese con il risvolto ai paramani. Il cappello alto di feltro scuro era molto diffuso negli Stati protestanti della Germania ed era conosciuto come cappello alla puritana. Sebbene in molti eserciti europei i pesanti archibugi con forcella fossero stati sostituiti dai moschetti, queste vecchie armi continuarono a equipaggiare le fanterie ancora per molti anni.

L’aspetto di questi reparti doveva pertanto risultare assai vario: a parte le truppe degli Stati più grandi, il cui equipaggiamento poteva essere più o meno uniforme, per gli altri contingentii la casualità delle dotazioni rappresentò con ogni probabilità una predominante. La scarsità di iconografia a colori relativa  ai soldati di quegli anni costituisce ancora una volta il maggior problema per una ricostruzione obiettiva del loro vero aspetto sul campo di battaglia e del resto proprio riguardo i colori e lo stile adottati allo

stato attuale le informazioni restano frammentarie. Verosimilmente negli eserciti nei quali era più marcato l’influsso svedese le giubbe e le casacche di panno erano indossate comunemente. Alla fine
degli anni 40 del XVII secolo la fanteria del langravio di Hessen-Kassel, ad esempio, aveva adottato capi di abbigliamento in panno blu scuro, mentre a Mainz alcune testimonianze indicano che la fanteria
indossava verso il 1660 Kasacken di panno grigio chiaro e cappelli ampi di feltro nero. Altre tendenze si affermarono in altri Stati: nei ducati di Braunschweig-Lüneburg (Hannover) il panno rosso fu adottato dai reparti a cavallo della guardia dei sovrani già alla metà del Seicento, mentre nel confinante Braunschweig-Wolfenbüttel (Brunswick) il blu scuro sarebbe stato il colore preferito dalla fanteria già durante gli ultimi anni della guerra dei Trent’anni. Alcune evidenze iconografiche riguardanti l’esercito del principe vescovo di Münster indicherebbero che la fanteria fosse preferibilmente vestita con abiti in panno marrone o grigio scuro.

Circoli di Svevia e di Franconia; fanteria, seconda metà del XVII secolo
Da sinistra a destra: Pikenier; illustrazione di autore sconosciuto, ducato di Württemberg, ca. 1665; Musketier, dallo Speculum Militare; Norimberga, 1670. Notare la forma caratteristica del Kossock di derivazione nord europea in una delle sue tante varianti in uso ancora negli anni Sessanta del XVII secolo.

Il Contingente Francese


Nel 1663, l’anno in cui la Francia si schierò a fianco degli Asburgo contro il Turco, Luigi XIV era un giovane monarca di 25 anni che solo due anni prima aveva dichiarato la sua intenzione di governare da solo, senza cioè l’ausilio di un primo ministro. La morte del cardinale Mazzarino, avvenuta nel marzo del 1661, gli schiuse le porte al dominio assoluto e al contempo gli fornì un apparato statale diretto da uomini di indubbio talento. Anche se la risoluta decisione di far arrestare il potente soprintendente alle finanze Nicolas Fouquet, poteva far intuire il temperamento del futuro Re Sole, nelle corti d’Europa si guardava più con curiosità che con sospetto a quanto avveniva a Parigi in quegli anni. In realtà Luigi aveva già in mente l’obiettivo da perseguire: ovvero la supremazia continentale. Attraverso la Lega Renana gli si apriva ora la possibilità di entrare in contatto con i turbolenti magnati ungheresi, elemento destinato ad avere un notevole peso nei destini di quel paese e nella lotta contro l’Austria per oltre 40 anni. Anche verso l’Impero Ottomano Luigi XIV guardava con notevole interesse, tanto che solo qualche mese prima aveva ricevuto a Parigi, colmandolo di doni, un aga giunto da Istanbul in rappresentanza del sultano. I tradizionali buoni rapporti fra la Francia e il Turco risalivano del resto a Francesco I e in ogni caso la partecipazione al conflitto doveva apparire solo come un’iniziativa volontaria conseguente all’appello del Papa e nel contesto dell’adesione alla Lega Renana. 

Con una popolazione fra le più numerose d’Europa, nel 1658 la Francia schierava 137 reggimenti di fanteria e anche se nel giro di cinque anni 43 di questi vennero licenziati, Luigi XIV poteva già contare su un formidabile strumento di guerra. Il contingente francese fu allestito con la massima cura; gli ufficiali vennero selezionati fra le diverse unità e come comandanti si designarono due personaggi particolarmente stimati dal re: i conti Jean de Coligny e François de la Feuillade. Le truppe francesi ufficialmente figuravano come contingente della Lega Renana, ma sia le marce verso il teatro di guerra che gli accampamenti furono gestiti autonomamente; solo per la conduzione delle operazioni di guerra si convenne che il corpo sarebbe stato agli ordini del comando unificato sotto Raimondo Montecuccoli. I francesi entrarono in Austria transitando per Spira e attraversando il Württemberg; a Passau i loro comandanti ottennero dalle autorità imperiali di proseguire per via fluviale. Sbarcati a sud di Pressburg, i francesi allestirono il loro campo a est di Komaron, dove il Danubio riceve le acque della Raab. Complessivamente, prima dell’estate del 1664, giunsero in Ungheria 3500 fanti e 1900 cavalieri francesi. Nel contingente era presente anche uno dei reggimenti più prestigiosi, il Piedmont Infanterie, la cui origine risaliva alle antiche Bande di Enrico II e che nel 1664 poteva già vantare oltre un secolo di storia. Questo con altre otto unità veterane erano conosciute come Vieux Corps, mentre un altro gruppo di reggimenti, il cui numero oscillò  considerevolmente nel corso degli ultimi anni del Seicento, veniva indicato con l’appellativo Petit Vieux e seguiva nell’ordine di anzianità della fanteria. Dal1661, dopo la morte del duca Louis Gaston di Foix, tutta la fanteria francese dipendeva direttamente dal re, che attribuì alla sua persona la carica di Colonel General precedentemente rivestita dal duca. La proprietà di quasi tutti i reggimenti di fanteria venne trasferita pertanto al monarca, fatta eccezione per quei

reggimenti i cui titolari erano i principi di sangue, quali i reggimenti Dauphin, la Reine, ecc. o altri personaggi di rango reale.

La fanteria francese era normalmente organizzata in reggimenti di 20 compagnie, ognuna di 51/53 uomini – di cui un terzo rappresentato da picchieri – compresi gli ufficiali. A parte il reggimento delle Gardes Françaises, che schierava un numero assai maggiore di compagnie, in quegli anni l’organico completo era mantenuto soltanto dai reggimenti Vieux e Petit Vieux e non era infrequente che certe unità schierassero appena 4 compagnie. Sul campo di battaglia tutte le compagnie si raccoglievano senza distinzione di appartenenza ai reggimenti per formare i battaglioni, forti ordinariamente di almeno 400 uomini. Si prestava cura che alle unità più antiche fosse assegnata la posizione di onore dello schieramento, ovvero la destra. Il battaglione poteva essere comandato dal colonnello, il Maitre de Camp, o da un suo luogotenente; altre volte era il capitano più anziano delle compagnie componenti il battaglione ad assumere il comando dell’unità sul campo di battaglia. Nel 1664 la fanteria francese combatteva su 6 righe di profondità.
Contrariamente alla fanteria, strutturata su base reggimentale già dal secolo precedente, la cavalleria francese – denominata Cavalerie Legere per distinguerla dalla Gendarmerie e dalle Gardes du Corps – era ancora amministrativamente divisa in compagnie. I primi reggimenti di cavalleria furono infatti creati solo nel 1672 e quindi rintracciare le origini delle unità che parteciparono alla campagna del 1664 è pressoché impossibile. Sul campo di battaglia le compagnie erano aggregate in squadroni, mediamente di quattro o cinque compagnie ciascuno; per ogni compagnia vi erano 50/60 maitres con un capitano, un luogotenente, 4 brigadieri e un paio di musicanti. Nel 1657 era stato creato il grado di Brigadier General per gli ufficiali designati al comando in campagna della cavalleria, la quale riuniva gli squadroni per 
ottenere brigate di 500/600 cavalieri ciascuno.

Sottufficiale e cadetto delle Gardes Françaises (?), 1660
Entrambe le illustrazioni sono tratte da un’opera di Sebastien Leclerc e risalgano agli anni cruciali della nascita dell'uniforme in senso moderno.  Il soldato a destra indossa un’ampia giubba, presumibilmente di panno, con maniche aperte alle estremità e ripiegate all’indietro; forse la fodera di colore differente prefigura il risvolto del paramano; a dir poco clamorose le dimensioni delle calze, il cui risvolto copre quasi interamente la parte inferiore dei calzoni. Il sergente, riconoscibile dall’alabarda, è vestito invece con una giacca corta di pelle, completa di maniche, portata sopra un paio di calzoni alla Rhingraeve; una sciarpa senza frange, di tessuto bianco, cinge la vita del sottufficiale e mantiene aderente al corpo il grande budriere della spada. In seguito la sciarpa diverrà esclusiva degli ufficiali, ma verso la metà del XVII secolo costituiva un segno di riconoscimento di nazionalità utilizzato pure dalla truppa. Le lunghe chiome erano in questi anni una caratteristiche dei soldati francesi

L’esercito francese era complessivamente meglio equipaggiato di quello alleato e imperiale, tuttavia la piena uniformità di abbigliamento e di equipaggiamento non era stata ancora raggiunta. Gli ufficiali si abbigliavano naturalmente secondo il loro gusto, mentre i soldati sottostavano alle
disposizioni dei colonnelli, i quali ottenevano dalle forniture per i propri uomini guadagni non trascurabili. Anche l’armamento era gestito dagli ufficiali del reggimento e questo non contribuiva a renderlo omogeneo; la prima ordinanza riguardante le armi fu firmata dal segretario di stato per la guerra Michael Le Tellier solo nel marzo del 1666, quando fu imposta ai fabbricanti di moschetti l’uniformità del calibro e si stabilì la lunghezza delle picche. La prima ordinanza sull’abbigliamento fu invece emessa nel 1668.
Fortunatamente l’iconografia esistente sull’esercito francese di quegli anni è sufficientemente ampia da mostrarci il loro reale aspetto. La fanteria aveva adottato da tempo giubbe di panno e la varietà dei colori impiegati era molto più ampia rispetto a quanto sarebbe avvenuto in seguito; assieme al tipico gris-blanc delle manifatture francesi, erano comuni il rosso dei reggimenti svizzeri, il marrone in tutte le sue gradazioni, l’azzurro e perfino il giallo; in quegli anni il blu scuro era invece piuttosto raro ed era adottato solo dagli ufficiali dei reggimenti reali. Alcune fonti mostrano ufficiali e soldati di fanteria vestiti con farsetti di panno e calzoni a brache lunghi fino al ginocchio, molto cadenti e ampi, dall’aspetto simile a un gonnellino, che erano diventati di gran moda proprio negli anni ‘60 e destinati a furoreggiare in tutta Europa fino al decennio successivo. Questo capo d’abbigliamento – originario dei Paesi Bassi – divenne noto col nome di calzoni alla Rhingraeve, perché diffuso dal Rheingraf conte von Salm, uno dei rappresentanti della Lega Renana a Parigi. Nella fanteria i picchieri portavano come protezione della testa l’elmo e fra le varie tipologie in uso alla metà del Seicento, la borgognotta era quella più diffusa.
La cavalleria francese adottava più o meno lo stile diffuso in tutta l’Europa occidentale: ampie giubbe di pelle, corazze in metallo naturale e grandi stivali con risvolto; i cappelli di feltro erano il copricapo più comune, ma pure gli elmi a taschetto all’olandese erano abbastanza diffusi. Piume, trine, nastri e fiocchi
iniziavano a fare la loro copiosa comparsa sugli abiti di quel periodo, inaugurando una stagione della moda maschile destinata a imporsi rapidamente in tutta Europa. Per il loro aspetto tanto stravagante e fastoso, e forse anche a motivo delle chiome fluenti, secondo quanto riferito da un ufficiale turco presente a Szent Gotthard, i soldati francesi furono in un primo momento scambiati per donne.

Francia, Maitre della Cavalerie Legere, 1664
Rispetto alla cavalleria imperiale quella francese non aveva mai combattuto prima di allora contro i turchi. Alcuni testimoni oculari riferiscono infatti che i soldati francesi erano abbigliati ed equipaggiati secondo uno standard più adatto ai campi di battaglia dell’Europa occidentale che alla durezza delle campagne di guerra ungheresi. La cavalleria impiegava ancora
ampiamente le protezioni metalliche, sebbene fossero solitamente indossate solo da un terzo del reparto, ovvero dagli uomini della prima linea dello schieramento.
(corazza in metallo naturale con accessori ottone; giacca in pelle di montone naturale; calzoni di panno azzurro; stivali, guanti e bandoliere in cuoio naturale; cappello di feltro grigio con piume bianche; sciarpa in tessuto bianco)

Un’illustrazione tratta dalla celebre opera ottocentesca di Marbot sull’esercito francese, raffigurante un soldato e
due ufficiali nel 1660. A parte alcune interpretazioni di gusto romantico, la maggior parte degli elementi  che costituiscono l’abbigliamento, quali le brache alla Rhingraeve, è restituita in maniera corretta. Decisamente insolita la lunghezza della picca-spuntone degli ufficiali.

Cronologia dei Principali Avvenimenti del 1664


Inverno 1663/64: il papa Alessandro VII esorta le corti d’Europa a formare una Lega Santa per arrestare l’avanzata dei turchi in Ungheria.
2 gennaio: ammutinamento del presidio di Szekelyhid, fortezza Transilvana ancora in possesso degli imperiali, che giura fedeltà al principe Apafi.
18 gennaio: l’imperatore Leopoldo I nomina un commissariato per l’Ungheria, con il compito di coordinare le operazioni guidate dal palatino Ferenc Wesseleny e dal bano di Croazia Miklos Zrinyi.
21 gennaio: la cavalleria ungherese, al comando dei conti Miklos Zrinyi e Adam Batthyany, è riunita a un corpo di fanteria tedesca agli ordini dei generali Hohenlohe e Leslie.

22 gennaio: Ribellione della guarnigione tedesca di Kolozsvár, che si consegna ai Transilvani e ai Turchi guidati dal principe Apafy.
29 gennaio: truppe ungheresi e tedesche, guidate dal bano di Croazia Miklòs Zrinyi, conquistano la città di Pécs.
30 gennaio: allarmato dai successi degli avversari, il gran visir Köprülü Ahmed invia da Belgrado rinforzi in Ungheria.
2 febbraio: con un’azione a sorpresa, il conte Zrinyi distrugge i ponti turchi sulla Drava a Esseg, tagliando i rifornimenti per l’armata avversaria.
12 febbraio: truppe dell’Impero conquistano la fortezza di Segesd in Transilvania.
Febbraio/marzo: le incursioni del bano di Croazia si spingono per oltre 200 km in territorio nemico.
28 aprile: le forze combinate di Zrinyi e Hohenlohe iniziano l’assedio alla fortezza turca di Kanisza.
7 maggio: sotto il comando del generale Ludwig von Souches, gli imperiali conquistano la città di Neuttra in Ungheria.
8 maggio: da Belgrado l’esercito ottomano marcia verso l’Ungheria agli ordini del gran visir Köprülü, il quale fa trapelare la sua intenzione di raggiungere la capitale austriaca. La notizia provoca panico a Vienna e in tutta l’Austria; la corte imperiale si trasferisce a Lienz.
14 maggio: l’armata turca effettua una sosta forzata sulla Drava per ricostruire i ponti distrutti a febbraio.
2 giugno: l’avanzata degli Ottomani costringe gli Alleati ad abbandonare l’assedio di Kanisza.
8 giugno: i Turchi assediano la fortezza di Uj-Zrinyivár.
Luglio: rinforzi dalla Francia e dalla Germania giungono in Ungheria.
7 luglio: i Turchi distruggono la fortezza di Uj-Zrinyivár dopo l’evacuazione del presidio. Accuse di Zrinyi al generale imperiale Montecuccoli per non aver impedito l’assedio.
19 luglio: avanguardie ottomane sono respinte dagli Imperiali agli ordini del conte von Souches presso Léva.
26 luglio: le armate ottomana e alleata si fronteggiano lungo la Raab.
1 agosto: dopo aver oltrepassato con successo il fiume, gli ottomani sono sconfitti a Szent Gotthard dopo 7 ore di violenti combattimenti.
10 agosto: viene siglata a Vasvàr una tregua di venti anni fra l’Imperatore e il Sultano.

L’assedio di Pecs, avvenuto fra il 19 e 29 gennaio 1664, ad opera delle truppe dell’Impero agli ordini del conte Hohenlohe e di quelle ungheresi sotto Miklos Zrinyi. La conquista della città fu un’operazione fortemente voluta da Zrinyi, il quale mirava a colpire le retrovie ottomane per alleggerire la pressione avversaria sui confini.

Fine della terza parte

Le Mie Tre Vite

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